La città di Torino deve il suo nome ai Taurini, antica popolazione di origine celto-ligure che nel III secolo a.C. si insediò in questo territorio. Contrariamente a quanto si pensa, l’etimologia del nome ha poco a che fare con tori e allevatori, ma deriva dal greco oros = montagna. Nel I secolo a.C. diventa colonia romana sotto Augusto.
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Nei secoli successivi si ritaglia un ruolo piuttosto anonimo, restando un centro comunque importante sotto le dominazioni ostrogota e longobarda. Nel XI secolo passa sotto la marca carolingia ed entra nella sfera d’influenza Savoia, del cui ducato diventerà capitale qualche secolo più tardi.
Di lì, avvicinandoci alla storia più recente, diverrà capitale del Regno di Sardegna prima e capitale d’Italia nel 1865. E’ in questa fase storica che Torino vive i suoi giorni più intensi, da protagonista del Risorgimento e del Liberty, centro di influenza culturale e politica con personalità come Cavour e Giolitti.
Torino nel ventesimo secolo è stata principalmente una cosa: la FIAT. La città ha legato a doppio filo i suoi destini con quelli dell’industria automobilistica, cavalcandone i fasti e dando impulso a uno dei più grandi movimenti migratori della storia del nostro paese, poi condividendone il declino negli ultimi decenni.
Oggi FIAT e il suo indotto rimangono una componente ancora pregnante del tessuto lavorativo torinese, ma così come l’azienda ha intrapreso altre strade per ottenere il suo rilancio, così anche Torino ha cercato di risollevarsi percorrendo nuove vie.
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E così ecco che nei duemila Torino si è riscoperta una città bella, turisticamente attrattiva, culturalmente intraprendente, straordinariamente viva. Ha riscoperto di essere al centro di un territorio circondato da montagne seducenti, perfette per gli sport invernali e irrinunciabili nella calura estiva.
Ha riscoperto di essere a un soffio da una delle più vaste zone vinicole d’Italia, le Langhe, con un’offerta enogastronomica d’eccellenza e un sapore rurale che sa di antico.
Ha riscoperto le proprie ambizioni di centro culturale, ospitando per due decadi il più importante Salone del Libro nazionale, dando luce nuova a uno già straordinario Museo Egizio, rispolverando il suo vasto patrimonio storico e artistico – di cui la Mole Antonelliana è davvero solo un’icona – apprezzabile con una bella passeggiata nel centro finalmente pedonalizzato.
Ha assaporato l’ebbrezza di essere ombelico del mondo, duranti i magici mesi delle Olimpiadi invernali del 2006, vero shock di euforia per una città dalla presunta (ma non troppo) mentalità operaia. In quei giorni spartiacque, con la città invasa da una fiumana multietnica che si riversava nei locali dei Murazzi del Po, i torinesi hanno sperato che la loro città avesse definitivamente imboccato la strada verso una nuova identità.
E invece gli anni a seguire, nonostante la vocazione di città fieristica e di eventi sia stata pienamente confermata, con appuntamenti di richiamo internazionale come il Kappa Future Festival , il Movement, il Club2Club, oppure il Torino Film Festival in ambito cinematografico, hanno visto una Torino tormentata, ancora in trasformazione, stretta dalla crisi economica, avviluppata intorno alla sua subalternità a Milano, metropoli verso cui nutre sentimenti di superbia e ammirazione.
Troppo spesso attraversata da conflitti più o meno silenziosi, tra borghesia e classe operaia, tra autoctoni e terroni, tra Juve e Toro, tra NoTAV e Madamin, oggi la Torino di Chiara Appendino conta ben più di cinque stelle, mentre scorre la sua lunga notte. Ma si sa, poi arriverà anche il mattino.
A.S.